Mandragola
Al Corciano Festival la commedia disillusa che porta in scena i vizi degli uomini all'epoca di Pietro Vannucci
di Marco Zuccaccia
Fra gli eventi che il Corciano Festival ha previsto in cartellone, un occhio di riguardo è stato posto alla rappresentazione dell’atteso spettacolo teatrale “La mandragola”, una piece che risale ai tempi del Perugino. Si tratta, infatti, di un testo che, come nel caso di “Mistero buffo”, è un omaggio alla figura di Pietro Vannucci. La drammaturgia e la regia sono state affidate, ancora una volta, a Maurizio Schmidt, in questa occasione non in veste di unica, ma in collaborazione con Claudio De Maglio e Marco Sgrosso che sono anche attori nella stessa commedia.
Lo spettacolo ha avuto luogo a Corciano, in piazza Coragino. Dal lato della chiesa di Santa Maria Assunta è stato posto il palco, dall’altro, in cui si trova il pozzo circolare, sono stati sistemati i musicisti e i costumi che gli attori hanno indossato nei cambi d’abito a spettacolo in corso. Ai fianchi, i posti a sedere per gli spettatori. Si sono venuti così a formare, idealmente, due palcoscenici tra i quali gli attori si sono spostati e uno spazio in cui i protagonisti si sono incontrati per interagire fra loro. Anche le vie di accesso alla piazza sono state parte integrante dello spettacolo: gli attori sono usciti e tornati in scena in un centro storico scenografia naturale della commedia.
Il testo di Machiavelli prevede una canzone iniziale che esordisce con la frase “Perché la vita è brieve e molte son le pene che vivendo e stentando ognun sostiene…” e rappresenta un’anticipazione della sua concezione pessimista della realtà. Nella rappresentazione andata in scena, questa canzone non è stata riproposta. La commedia è iniziata direttamente dal prologo in versi, narrato dalla voce di Eleonora Giovanardi, durante il quale vengono presentati i luoghi, cioè Firenze, i protagonisti, la trama e l‘antefatto: il ritorno da Parigi di Callimaco Guadagni.
La scena iniziale del primo atto, vede Callimaco a colloquio con Siro, suo servitore. Il primo è interpretato da Luca Mammoli, mentre Siro da Eleonora Giovanardi che ha portato una tipica maschera da teatro antico di colore marrone. Nel suo periodo a Parigi, Callimaco ha udito le lodi che un certo Cammillo Calfucci tesse di madonna Lucrezia, moglie di messer Nicia Calfucci. Pur senza averla mai vista, Callimaco racconta che queste sono “laude e di bellezza e di costumi… e in me destò tanto desiderio di vederla che io… mi messi a venire qui”. La figura di Siro, aiutata dalla maschera che indossa, ha un atteggiamento quasi giullaresco. Si muove in modo bizzarro, parla con frasi brevi e parole veloci, ma è un servo fedele: “Io vi sono servitore, e servi non debbono mai domandare e padroni d'alcuna cosa, né cercare alcuno loro fatto… ma debbono servirgli con fede”.
La trama ricorda lo schema delle novelle del Boccaccio in cui tipici sono il raggiro e la beffa ai danni di un marito sprovveduto: Callimaco, assieme a Ligurio (Antonio Gargiulo) trama, infatti, un piano ai danni dei due coniugi, insoddisfatti dal desiderio di avere figli. La figura di Ligurio è quella di un parassita astuto, che utilizza questa dote, facendo ricorso a ragionamento, ironia e doppio senso, per guadagnarsi da vivere. Ed è per motivi economici che si viene a configurare questa collaborazione in cui i due si scoprono addirittura simili: “il tuo sangue si affà al mio”, dice Callimaco.
Ligurio presenta, quindi, Callimaco a Nicia, quale dottore venuto da Parigi. Il linguaggio dello sciocco Nicia, il marito ingannato, è pieno di frasi fatte, aforismi e modi proverbiali; al contrario, quello di Ligurio è sintetico e persuasivo. L’astuzia è legata alle credenze popolari per cui la mandragola, pianta ritenuta magica e con poteri afrodisiaci fin dall’antichità, ha la capacità di intimorire e persuadere i creduloni, se si trova nelle mani di affabulatori, ritenuti però dagli stolti persone competenti.
E’ così, che facendo leva sul fatto che Nicia si senta un uomo fertile e che il problema sia da individuare nella moglie Lucrezia, Callimaco convince lo stesso Nicia a far giacere un uomo con sua moglie, dopo che questa avrà bevuto un infuso di mandragola. Nicia, in un primo momento, non è convinto ma si ricrede una volta persuaso da Ligurio e Callimaco, visto che questo uomo sarà condannato a morte dalla mandragola e che Nicia potrà poi unirsi alla moglie senza alcun “pericolo”.
Con l’aiuto di Frà Timoteo, confessore di Lucrezia, e di Sostrata, madre della giovane che teme che una volta morto l’anziano Nicia, la figlia possa restare sola, Callimaco si finge un garzone e viene così rapito e “costretto” ad unirsi con la ritrosa Lucrezia. Compiuta la beffa, Callimaco rivela la sua identità e il suo amore alla non più ingenua Lucrezia, mentre Nicia, ignaro del raggiro, mostra ai due imbroglioni tutta la sua gratitudine.
In occasione di questa rappresentazione i dipinti del Perugino, utilizzati in tutte le ambientazioni della precedente rappresentazione “Mistero buffo”, sono stati proiettati solo in occasione delle parti in cui Frà Timoteo appare all’interno della propria chiesa, a configurare la sacralità della stessa. Il Perugino aveva fama di ateo, ma era comunque capace di dare pathos religioso alle proprie opere.
Machiavelli si sofferma a descrivere quel mondo che ai suoi occhi appariva tanto malato e condannato alla rovina perché mal disposto ad accettare cambiamenti correttivi, ironizzando sulla realtà in modo tagliente, ma disilluso. Nonostante questo sfondo, tutt’altro che ottimista, la commedia rimane piacevole e divertente e lascia intravedere il lato giocoso dell’autore.
Attori in scena e relativi personaggi:
Eleonora Giovanardi Narratore, Siro, Lucrezia
Luca Mammoli Calimaco
Antonio Gargiulo Ligurio
Claudio De Maglio Nicia
Marco Sgrosso Frà Timoteo
Pino Menzolini Sostrata
Regia: Maurizio Schmidt, in collaborazione con Claudio De Maglio e Marco Sgrosso
Aiuto Regia: Luca Rodella
Luci e proiezioni: Paolo Latini
Tecnico: Rei Ota
Costumi: Anna Rossi, concessione de la “Nobilissima Parte de Sopra” del Calendimaggio di Assisi